giovedì 12 settembre 2013

La viceministra Maria Cecilia Guerra parla all'Huffington Post: "Ecco quali cambiamenti vorrei introdurre"



Laura Eduati, L'Huffington Post  |  Pubblicato: 11/09/2013 
Non avrebbe potuto avvicinarsi all'ex fidanzata e invece, noncurante del decreto di allontanamento, un ventisettenne ha tentato di far esplodere l'appartamento della donna che lo aveva lasciato. Il caso di violenza di genere accaduto oggi a Civitavecchia sembra dare forza alle argomentazioni, espresse con forza dalle associazioni di settore, secondo le quali il decreto femminicidio ora in esame alla Commissione giustizia della Camera è insufficiente a contrastare gli abusi nei confronti delle donne e, come ha espresso Snoq, “riduce la violenza sulle donne a un problema di ordine pubblico”. Secondo l'Associazione nazionale magistrati, che ricalca il parere negativo dei penalisti, è addirittura “incoerente con il sistema penale”.
Questo tiro al piccione contro un decreto fortemente voluto da Enrico Letta non piace per nulla a colei che ha preso in mano le redini del Dipartimento per le Pari Opportunità, la viceministra al welfare Maria Cecilia Guerra. Finora rimasta in silenzio a studiare le deleghe ricevute dopo le dimissioni di Josefa Idem, ora vuole far sentire la propria voce: “Sono sul fronte insieme con coloro che vogliono combattere la violenza di genere e voglio centri antiviolenza in tutta Italia. Se il dl femminicidio presenta incongruenze, si può cambiare”. E anticipa il contenuto degli emendamenti che vuole presentare: “Nessun affidamento dei figli agli uomini che si sono macchiati di violenza di genere”. Mentre sul sessismo dei media ha un'idea precisa: “Rivedere la conduzione dei programmi televisivi: troppi uomini”.
Viceministra Guerra, secondo i suoi detrattori il dl femminicidio punta soltanto sulla repressione penale e non sulla prevenzione della violenza contro le donne. Cosa risponde?
Il decreto è aperto a cambiamenti e miglioramenti, e se vi sono incongruenze naturalmente potranno essere corrette in Parlamento. Si tratta di un primo importante intervento governativo e spero non rimarrà l'unico. Per questo invito a considerare i suoi innegabili aspetti positivi: per esempio per la prima volta nell'ordinamento italiano si introduce la definizione della violenza di genere secondo le indicazioni della Convenzione di Istanbul.
Molti lo leggono però come “poliziesco” e dunque inadatto a comprendere un fenomeno soprattutto culturale.
A coloro che pensano che contenga soprattutto un aspetto repressivo rispondo che invece la maggioranza delle disposizioni riguardano la prevenzione: la possibilità di arresto in flagranza per gli stalker, l'allontanamento immediato dall'abitazione della persona accusata di maltrattamenti, l'obbligo di avvisare sull'andamento del processo la vittima che ha denunciato affinché possa prendere contromisure legali o di sicurezza, ecco, tutte queste misure tendono a tutelare le donne prima che accada qualcosa di irreparabile.
Eppure, come nel caso di Civitavecchia, un ordine di allontanamento può essere facilmente eluso. Cosa ne pensa?
Il limite tra situazione di rischio e situazione fuori controllo è molto difficile da tracciare all'interno della violenza di genere ma sono convinta che il dl femminicidio aiuterà maggiormente le vittime grazie alle misure che ho appena elencato. Per esempio la possibilità di revocare il porto d'armi ad uno stalker è sicuramente positiva. Così come è positiva l'introduzione nel codice di procedura penale dell'obbligo di avvisare la denunciante quando il violento esce dal carcere o gli viene revocato l'ordine di allontanamento: in questo modo la vittima può premunirsi anche dal punto di vista legale.
Un altro aspetto controverso è il fatto che una denuncia per stalking sarà irrevocabile. Non rischia di indebolire ulteriormente le donne?
È la stessa Convenzione di Istanbul, ma anche le raccomandazioni internazionali, a prevedere che la vittima di violenza di genere debba avere un supporto giuridico di questo tipo. Sappiamo che molto spesso le denunce vengono ritirate perché le vittime subiscono ritorsioni e minacce da parte dei denunciati, oppure vivono una situazione di fragilità psicologica che può spingere a ritenere poco gravi questi reati. E peraltro prima della denuncia vera e propria per stalking è possibile chiedere un ammonimento allo stalker, e infine la vittima ha a disposizione 6 mesi per pensarci prima di compiere il passo decisivo.
Quali cambiamenti apporterebbe al decreto?
Personalmente presenterò degli emendamenti affinché nei casi di separazione non vengano affidati i figli ai genitori, spesso uomini, che si sono macchiati di maltrattamenti famigliari e violenze.
Nel dl femminicidio soltanto l'ultima parte del provvedimento è dedicato al Piano nazionale antiviolenza. Perché?
L'ho voluto fortemente. Contiene quelle misure che sono invocate specialmente dalle associazioni impegnate contro la violenza sulle donne e che ritengo siano fondamentali: la formazione delle forze dell'ordine e degli operatori sanitari, progetti educativi nelle scuole per insegnare ai ragazzi il rispetto nelle relazioni sentimentali, maggiore supporto finanziario ai centri anti-violenza.
Il decreto però non stanzia fondi per questi progetti, che rischiano dunque di rimanere sulla carta.
La definizione del Piano non prevede maggiori oneri per la finanza pubblica, ma quello che maggiormente importa sono i singoli progetti che nasceranno dal Piano e per i quali mi batterò affinché abbiano i fondi necessari che per il momento sono davvero esigui. Non vorrò finanziamenti una tantum ma fondi strutturali e allo stesso tempo cercherò di indirizzare questi fondi in modo che sul territorio, ovunque in Italia, possano esistere delle strutture adatte ad aiutare concretamente le vittime di violenza. Ci vorranno anni, sto parlando di un obiettivo di lungo respiro, e per questo voglio coinvolgere le amministrazioni locali per mettere in comune le buone pratiche. Parteciperanno tutte quelle amministrazioni, dalle asl alle forze di polizia, che dovranno mettersi in rete, mettere in comune le proprie banche dati, insomma creare un sistema: è per esempio l'ordine del giorno del prossimo incontro, lunedì, con la task force interministeriale creata da Josefa Idem.
La task-force interverrà anche sulla regolamentazione dell'immagine della donna nei media?
Un gruppo di lavoro è dedicato a questo tema, che in fondo riprende un tavolo messo in piedi a suo tempo da Elsa Fornero. Penso sia fondamentale e agiremo con un sistema di autoregolamentazione dei media, perché il problema non è soltanto l'immagine sessista ma anche la ruolizzazione della donna, spesso presentata come casalinga o valletta muta. Ad esempio ritengo necessario rivedere la conduzione dei programmi televisivi, troppo spesso affidati a uomini. Ci deve essere parità.

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