Come già sostenuto nella nostra campagna “Mai più
complici” e in tutti gli interventi che
i comitati territoriali di “Se Non Ora Quando” hanno portato avanti - in accordo con il trattato di Istanbul, la
convenzione NO MORE, il Rapporto CEDAW e tutta la ricca elaborazione che arriva
da anni di lavoro sul campo da parte di operatrici e donne competenti - la
soluzione al problema della violenza di genere deve nascere dal riconoscimento
che la questione non è emergenziale ma culturale e va cercata in un’ottica di
educazione alla differenza di genere, alla prevenzione, alla autodeterminazione
della donna.
Il termine “femminicidio” – che il movimento ha contribuito a
diffondere – ha una sua cruciale importanza e deve essere adottato dalle
istituzioni e dalla società tutta a significare la comprensione e la
metabolizzazione del fatto che le donne vengono uccise “in quanto donne” e non
per inesistenti questioni “passionali”. In questo senso le conclusioni del
processo per l’uccisione di Stefania Noce che introducono per la prima volta
nelle motivazioni di una sentenza il termine “femminicidio” e che condannano
all’ergastolo in prima istanza l’assassino per premeditazione sono emblematiche
della direzione che la giustizia e la applicazione della legge devono prendere
nel nostro Paese.
Di fondamentale importanza, inoltre, è il lavoro che i centri antiviolenza e gli
operatori tutti stanno portando avanti perché le donne raggiungano una sempre
maggiore consapevolezza e autonomia attraverso
un piano di contrasto alla violenza declinato in ogni possibile forma di
“accompagnamento” nel percorso di fuoriuscita dalla violenza stessa.
Questo significa dunque che la presenza dello Stato
all’interno della battaglia contro la violenza di genere deve prevedere un
robusto intervento di sostegno alla rete dei centri, alle campagne di
informazione ed educazione a partire dai giovani e giovanissimi, a un piano complessivo e generale che
comprenda anche un potenziamento delle possibilità occupazionali che rendano le
donne maggiormente indipendenti e quindi meno ricattabili.
Esiste una legge, la 154/2001, che prevede già moltissimi
interventi a contrasto della violenza domestica e non, integrata dalle successive
specifiche contro lo stalking, ma che purtroppo non viene sufficientemente
applicata.
Il DL sicurezza, varato ad agosto e contenente norme in
materia di violenza contro le donne, si
inserisce certamente in un momento in cui il femminicidio, per i moltissimi
casi che purtroppo si registrano quasi quotidianamente e per l’attenzione
diversa che anche i media vi
riservano, comincia ad essere percepito
anche dall’opinione pubblica come espressione di una violenza tutta maschile
perpetrata contro le donne. In questo senso riteniamo che il DL abbia, quindi, il merito di richiamare all’attenzione della
politica e del Paese tutto il problema della violenza e ci auguriamo possa
fornire reali strumenti per un’
applicazione più rigorosa della la legge
154/2001.
Nondimeno nel DL sono
contenuti alcuni elementi che ci preoccupano e che riteniamo presentino forti
criticità:
non c’è un impegno concreto a
investire in percorsi educativi e formazione;
non si prevedono finanziamenti ai
centri antiviolenza e alle reti di supporto alle donne;
non si parla di centri di ascolto o
percorsi formativi per gli uomini maltrattanti.
Entrando poi nel merito di alcuni punti del decreto,
osserviamo che:
la non revocabilità della querela da
parte delle donne offese è un’arma a doppio taglio. Potrebbe essere applicata
in maniera responsabile solo se si garantisse concretamente alle donne che le
violenze non continuino, ma questo può avvenire solo se viene finanziata e
fatta crescere la rete di supporto alle donne in ogni momento del percorso di
distacco.
l’inasprimento della pena di un terzo
nei casi in cui le violenze vengano perpetrate da un coniuge/partner rispecchia
la frequenza dei femminicidi che avvengono in ambito domestico, ma rischia di
discriminare tutte le altre situazioni di violenza.
Osserveremo
dunque con interesse il prossimo percorso del decreto, augurandoci che le
istituzioni vogliano accogliere, insieme alle nostre, le osservazioni che
giungono da tutto il mondo femminile e da numerose voci competenti. Non c’è
possibile sconfitta della violenza di genere senza un ampio lavoro culturale,
preventivo, educativo.
LE ADESIONI
1) SNOQ TIGULLIO
2) SNOQ CITTADELLA
3) SNOQ VENEZIA
4) SNOQ NAPOLI
5) SNOQ ANCONA 13 FEBBRAIO
6) SNOQ TORINO
7) SNOQ ROMA
8) SNOQ SAN DONA'
9) SNOQ FACTORY
10) SNOQ BOLZANO AA EIZ
11) SNOQ LODI
12) SNOQ LOMBARDIA
13) SNOQ FIRENZE
14) SNOQ CERVETERI
15) SNOQ SAN BENEDETTO DEL TRONTO
16) RETE DONNE SNOQ CREMONA
17) SNOQ SALERNO
18) SNOQ LIVORNO
19) SNOQ PORDENONE
20) SNOQ TERAMO
21) SNOQ OSIMO
22) SNOQ REGGIO CALABRIA
23) SNOQ UDINE
24) SNOQ CAVA DE' TIRRENI
25) SNOQ CAGLIARI
26) SNOQ MASSA
27) SNOQ VALLO DI DIANO
28) SNOQ CUNEO
29) SNOQ PISA
30) SNOQ CHIETI
31) SNOQ SAPRI
32) SNOQ PULSANO
33) SNOQ CESANO MADERNO (MONZA BRIANZA)
34) SNOQ LA SPEZIA
35) SNOQ SANITA’
36) SNOQ MANTOVA
37) SNOQ PIOLTELLO
39)COMITATO DONNE MOGLIANO VENETO
40) SNOQ BIELLA
41) SNOQ SIENA
42) GRUPPO DONNE INFORMAZIONE
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