«Solo il 5% delle persone imputate di omicidio sono dichiarate inferme
di mente, il restante 95% sono capaci di intendere e volere ed esprimono
in maniera prevaricante e prepotente la loro sopraffazione o
intolleranza nel non riuscire a possedere il proprio 'oggettò di amore,
aggravate da aspetti di insensibilità nei confronti dell'altro,
di
ipocrisia e di menzogna». Lo afferma il direttore del dipartimento di
neuroscienze dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano nonchè presidente
della Società Italiana di Psichiatria, Claudio Mencacci, secondo cui le
giustificazioni anche psicologiche creano più vittime ed è perciò
fondamentale mettere in campo più prevenzione e meno tolleranza.
Donne innocenti, vittime della ferocia maschile ormai quasi quotidiana,
dimostrano che gli uomini uccidono molto di più (e poi eventualmente si
suicidano) con un un rapporto di 9:1.
Alla base dei fenomeni di violenza, i più recenti studi scientifici
hanno individuato 130 possibili variabili, ma di fatto i detonatori sono
prevalentemente i fattori socio economici, ambientali e culturali
acuiti dalla crisi economica e dall'uso di alcol e stupefacenti. «Si
tratta, il più delle volte, di individui con personalità antisociale -
aggiunge Mencacci, in occasione del convegno "Disturbi affettivi tra
ospedale e territorio" - e con una storia personale di comportamenti
violenti che nulla hanno a che fare con problematiche o disturbi
mentali». Per questo - secondo gli psichiatri - «gli apparati giudiziari
e le forze dell'ordine non possono più permettersi superficialità, non è
più possibile trovarsi di fronte ad un omicidio magari dopo anni di
segnalazioni senza che vi sia stato alcun intervento serio dell'autorità
giudiziaria. Occorre intervenire prima, subito, e con decisione, per
evitare morti insensate».
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