martedì 16 luglio 2013

Se Non Ora Quando due anni dopo

di Mariella Gramaglia su Leggendaria n.100
grama1-465x321Spesso si è detto che il femminismo è un movimento carsico, ma di rado si è andate a fondo nella metafora. Un territorio carsico è composto di roccia friabile, l’acqua può scavare in superficie, oppure addentarsi nei meandri del terreno. Talvolta un corso di torrente può ricollegarsi alla superficie, intrecciando acque differenti in un unico letto, talaltra può separarsi per sempre e seguire una pista imprevedibile, talvolta può ammorbidire una piccola cima e farsi spazio in una gora che, forse, una volta o l’altra, si aprirà.
Ormai, a distanza di due anni dall’incredibile esplosione del 13 febbraio 2011 possiamo dire che anche Senonoraquando ha seguito il destino carsico da cui avrebbe voluto con tutte le sue forze preservarsi. Naturalmente essere carsici non vuol dire sparire, come è avvenuto per alcuni movimenti misti (il movimento viola, i girotondi ed altri) ma essere a tratti visibili, a tratti invisibili agli occhi dell’opinione pubblica più vasta, a tratti organizzate, a tratti “rizomatiche”, come si usava dire negli anni settanta riferendosi a strutture non gerarchiche e non prevedibili nei loro sviluppi. Tuttavia, il primo e due giugno scorsi, durante un coordinamento nazionale dei comitati di Snoq, si è corso davvero il rischio che il movimento sparisse.
Uno dei documenti organizzativi suggeriva  che l’unico elemento di unione fosse una “piattaforma digitale stabile e condivisa” perché “la leadership in tal modo deriverà dalla autorevolezza delle idee e delle azioni, dalla capacità concreta di includere tutte, di creare massa critica e di lasciare ampi spazi di libertà all’elaborazione”. L’altro documento, invece, suggeriva di “superare il vuoto di un rapporto non codificato fra il comitato promotore e i comitati e di favorire la democrazia dentro Snoq attraverso regole trasparenti di partecipazione e la definizione di un patto di reciproca responsabilità , nella chiarezza dei compiti e dei rispettivi ruoli” . Allo scopo forniva alcuni strumenti di governance del movimento: il coordinamento nazionale dei comitati con una rappresentante per ciascun comitato, l’assemblea generale, ed eventualmente un esecutivo da eleggere all’interno del coordinamento.
All’enorme distanza fra i due approcci va aggiunto l’estenuante logoramento che ha paralizzato per quasi un anno il comitato promotore. Quest’ultimo infatti si è presentato il primo giugno già scisso in due tronconi, di cui  uno  con un nome coniato in vista del coordinamento: “Snoq-Libere”, scelto con ogni probabilità per riferirsi allo spettacolo di Cristina Comencini (“Libere”, appunto) che ha fatto da battistrada al movimento. Va detto che il gruppo storico si è spaccato in due come una mela: Cristina Comencini, Serena Sapegno, Francesca Izzo da una parte; Francesca Comencini, Lunetta Savino e Valeria Fedeli dall’altra, per citare i nomi più noti. Va aggiunto per onestà (anche se in questa sede vorrei offrire qualche strumento di riflessione che ne prescinda) che io ho optato per il secondo gruppo. Anche questo gruppo, dopo pochi giorni, ha scelto a sua volta un nome: Snoqfactory. Per sottolineare lo spirito di laboratorio creativo e l’intenzione di valorizzare le competenze delle giovani donne nel mondo delle nuove forme di comunicazione.
Ma, per tornare alla cronaca, alla fine il buon senso dei comitati territoriali ha prevalso. Saranno loro ad animare il nuovo coordinamento nazionale, mentre il comitato promotore sparisce come tale, si trasforma in due gruppi tematici distinti, accolti su un piede di parità all’interno del  coordinamento nazionale. A settembre la prova del pudding: entro quel mese, infatti, ci sarà un’assemblea nazionale  molto meno romano-centrica delle precedenti, in cui le città, con le loro idee e le loro iniziative, saranno protagoniste. Sarà l’occasione per capire se Snoq riuscirà a vivere una seconda stagione, più federalista, più strutturata ed emotivamente più libera dalle tensioni di un comitato promotore che ha vissuto il successo del 13 febbraio con grande orgoglio, ma anche con l’incapacità di emanciparsi dal complesso del “best seller”.  Quello che conduce alla disperazione la scrittrice di successo quando deve affrontare la seconda prova.
Sarà interessante esserci e osservare. E’ possibile che l’iniziale inclusività di Snoq possa riprendere ossigeno affidata alla responsabilità di nuove mani.  L’unico terreno certo di unità fra le Snoqqine è che nessuna disprezza o rifiuta il lavoro istituzionale e  la rappresentanza politica. Alcune sono disposte a correre in prima persona, altre pensano di non averne la vocazione, ma dal punto di vista dei principi poco conta. Diciamo che il terreno dell’uguaglianza (che non significa inconsapevolezza della differenza) è stato molto arato: nessuna è disposta  a considerare irrilevante la democrazia paritaria, quali che siano le posizioni politiche di chi viene eletta. E’ un bel merito: le molte giunte 50% e 50%, che si susseguono, devono molto all’effetto alone dei momenti forti di Snoq. Per l’eterogenesi dei fini possono essere chiamate ad alte responsabilità donne molto lontane dalla cultura di Snoq, ma questo è connaturato al principio di uguaglianza.
Tutto il resto è un campo aperto di differenze. Provo a metterne in evidenza alcune.
Trasversalità o Autonomia. Una parte della cultura di Snoq è molto affezionata al concetto di trasversalità che tende a declinare tenendo conto soprattutto  delle presenze e delle alleanze   praticabili nell’arco parlamentare, siano esse di destra, di sinistra o di centro. Tende insomma a dare un ruolo di primo piano al “primato della politica”. Un’altra parte tende a preferire il concetto di pluralismo e di autonomia: in pratica è nella condizione materiale delle donne, giovani e meno giovani, povere e ricche, madri e non madri, lesbiche e no, occupate o disoccupate, che si fonda la ricerca e il messaggio politico. Questo non comporta necessariamente una scelta di sinistra, ma un metodo induttivo di approccio alla politica. E’ ovvio che questo metodo rende più sensibili ai problemi sociali.
Nomi e candidature. Una parte ritiene che avanzare formalmente nomi e candidature per incarichi politici e competizioni elettorali sia uno snaturamento di Snoq e che occorre ribadire il principio del 50% solo in termini generali. Altre sono stanche che siano gli uomini a scegliere le donne e ritengono che, a seconda dei rapporti di forza, è lecito (a volte opportuno)  fare proprie liste, civiche o politiche, trattare, a viso aperto, con i partiti nomi che convincono, sostenere quelle che rischiano e si candidano.
Organizzazione o fluidità. Come è evidente dalla cronaca precedente, alcune ( paradossalmente quelle più distanti dal femminismo) propendono per una totale fluidità del modello organizzativo, mentre altre temono l’impermanenza delle strutture fluide e, anche se con molta prudenza e gradualità, tentano la strada, da molti anni inedita in Italia, dell’organizzazione.
Voto e regole. Il grande tabù. Grande ostilità a qualsiasi espressione della democrazia attraverso il voto da parte di Snoq-libere, atteggiamento prudente, ma non ostile al voto, se necessario, da parte di Snoqfactory e di molte città. Il problema è definire un organismo sovrano. Forse il coordinamento nazionale potrà essere considerato tale
Femminismo sì o no. Paiono molto lontani i tempi dello scontro frontale. Molti comitati locali sono eredi di gruppi femministi o dialogano con gruppi femministi delle città vicine. Alcuni comportamenti (non sempre i migliori) del femminismo storico sono stati interiorizzati quasi inconsciamente. Il melting pot (crogiolo) fa il suo mestiere e le acque carsiche si mescolano e si separano.
Non resta che aspettare settembre.

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