Maura Cossutta, portavoce di SNOQ-Sanità 26.6.2013
A 35 anni di distanza dalla legge 833 del 23 dicembre 1978 – che
aveva istituito il Servizio Sanitario nazionale – le ragioni di quella
straordinaria riforma restano più che mai attuali, ma più che mai
inascoltate. Per la sanità pubblica il tempo è davvero ormai scaduto:
non bastano più i convegni e le riflessioni, serve un’azione forte di
protesta e di mobilitazione per salvare una conquista irrinunciabile per
la civiltà del nostro paese, per la dignità delle nostre vite, per i
diritti e le libertà di tutti, soprattutto delle donne.
Lo smantellamento del modello pubblico e universalistico della sanità
è strisciante ma continuo; sono ormai milioni le persone che oggi
rinunciano a curarsi e aumentano le disuguaglianze di salute
territoriali e sociali; solo in 8 regioni sono garantiti i LEA (livelli essenziali di assistenza) e il
federalismo sanitario è diventato un federalismo “d’abbandono”; i tagli
ai Fondi per le politiche sociali e l’irrisorietà del Fondo per la non
autosufficienza scaricano il costo sociale sul lavoro di cura non
retribuito delle donne e sulla loro salute; l’aumento dei tickets –
oltre che essere una tassa iniqua sulla malattia e non certo strumento
di appropriatezza – stanno di fatto favorendo il privato; l’intramoenia
da tempo non è più una libertà di scelta ma un pesante ricatto per chi
non può aspettare i tempi delle indecenti liste di attesa; una sanità
sempre meno pubblica e sempre meno universalistica sta profondamente
minando il rapporto di fiducia dei cittadini; la competenza e il merito
sono schiacciate da logiche di lottizzazione e da spinte hobbistiche; la
sanità è solo considerata un costo e nonostante la rilevanza delle
evidenze non è stata mai invece considerata un motore di sviluppo per il
paese.
Oggi, invece di riprendere le ragioni della straordinaria riforma del
1978, continuano le rimozioni, le ambivalenze, i ritardi, gli errori.
Gli anticorpi del pensiero riformatore sono stati bombardati da terapie
spregiudicate, validate solo dalla ideologia dell’austerità. In sanità
oggi va di moda parlare inglese (guardando a quello che sta succedendo
in Inghilterra) o padano (riproponendo il modello bocconiano della
separazione tra funzione di erogazione e di acquisto). L’idea che avanza
è che la sanità pubblica non è più sostenibile, per aprire a nuove
forme di finanziamento. Viene apertamente messo in discussione da una
parte il modello di finanziamento, dall’altra il modello
organizzativo-gestionale del nostro Sistema Sanitario nazionale,
snaturandone i nessi con le finalità stesse del modello istituzionale
pubblico e universalistico.
Per questo, a 35 anni di distanza dalla legge 833, “Se non ora quando? Sanità” lancia un appello:
“833, IL NUMERO DEI DIRITTI E DELLE LIBERTÀ”. Riprendiamoci quella riforma!
Prepariamo una grande manifestazione per il 23 dicembre prossimo,
promuovendo fin da oggi tante iniziative -piccole, grandi, non importa,
ma tante, tantissime, nei luoghi più diversi. Donne e uomini insieme,
ognuno con le proprie storie, ognuno con i propri linguaggi. Non “a
fianco” o “in nome” di qualcuno, ma “insieme”, uniti al di là delle
sigle e delle appartenenze di ognuno, superando autoreferenzialità,
parzialità, diffidenze, promuovendo la più ampia partecipazione e un
lavoro vero di rete, tra pari.
Riprendiamoci quella riforma, perché il diritto alla salute è il
“diritto forte” che riconosce e promuove tutti gli altri diritti,
economici, sociali, civili, che parla dei nostri corpi, delle nostre
vite, delle nostre differenze, del modo di vivere e di pensare di
ciascuno di noi, del lavoro che c’è e che non c’è, dell’ambiente in cui
viviamo e lavoriamo, delle relazioni umane tra le persone e nella
comunità, della relazione tra le donne egli uomini.
Riprendiamoci quella riforma, perché madre di tutte le battaglie
democratiche, non quelle di una democrazia soltanto “decidente”, ma di
una democrazia “sostanziale”, “emancipante”, “non escludente”, che
promuove la rimozione delle cause delle disuguaglianze, che sa nominare
l’uguaglianze dei risultati e non solo quella delle opportunità, che
declina i diritti in modo plurale, che sa riconoscere le differenze per
non trasformarle in disuguaglianze, che accoglie la laicità come suo
valore fondante.
“833, IL NUMERO DEI DIRITTI E DELLE LIBERTÀ”.
Ci piacerebbe che ripetessimo tutti questo numero come un mantra,
ovunque, nei luoghi di lavoro e nei quartieri, negli ospedali e nei
teatri, nelle università e nei giornali. Un numero per ricordare una
storia, un pensiero, per difendere valori e principi, per difendere
quella che è stata e continua a essere una grande speranza di
cambiamento!
SE NON ORA, QUANDO?
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