L’obiettivo che si sono poste le associazioni “Se non ora quando?” e “Voce donna” è che dal convegno possa nascere un gruppo di uomini che vogliano prendere la distanza da questo tipo di comportamento, aiutando gli altri. Il non riconoscimento dell’altrui libertà sarebbe il motivo scatenante della violenza, secondo lo psicoterapeuta Francesco Stoppa. Atteggiamento che deriverebbe addirittura da bambini, non riconoscendo la madre come donna, separata da sé. Calogero Anzallo, psichiatra di Pordenone, ha focalizzato l’attenzione sull’uomo, sul violento che deve trasformarsi in un interlocutore per la propria donna, senza picchiarla, offenderla, minacciarla. Da Carlo Stefanon, del pronto soccorso cittadino, un’esperienza dal “fronte”: gli accessi totali sono annualmente dai 50 ai 60 mila, di cui i casi di violenza circa lo 0,4%. Si parla di circa 200 casi all’anno. «Il pronto soccorso è la prima struttura dove si chiede aiuto – ha rilevato – ma lo si fa dopo 3, 4 o addirittura 5 accessi. Cosa si può fare di più nel pronto soccorso cittadino? Introdurre il codice rosa, appositamente per la violenza femminile». Infine Gian Andrea Franchi, dell’associazione Maschile plurale, ha sotolineato il fattore culturale della violenza nell’uomo auspicando maggioe attenzione da parte della politica.
Articolo dal messggero Veneto
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