martedì 2 aprile 2013

Una società che ostacola ancora le pari opportunità


Martedì 2 Aprile 2013,
La popolazione del Nordest è ormai convinta della necessità di avere più donne nelle posizioni decisionali. La discussione e la provocazione può, quindi, andare oltre: ci sono donne con un curriculum adeguato a ricoprire questi ruoli? La domanda trova fondamento nel fatto che spesso accade di sentire che non è stato possibile rispettare le quote rosa, previste o desiderate, perché tra i possibili candidati non vi erano donne con i requisiti, i titoli, le esperienze necessarie. In questi giorni poi si è aperta anche un’ulteriore discussione sul fatto che alla fine anche se presenti le donne non contano nulla in quanto sono lì perché è un obbligo di legge, perché è politicamente corretto o perché è segno di rinnovamento.
      Il tema mi pare, come sempre, quello della qualità. Non basta avere più donne, ma ovviamente avere donne preparate con le competenze necessarie che meritino di ricoprire i ruoli per cui sono scelte. Purtroppo credo che il problema sia ancora una volta la difficoltà per le donne di acquisire tali competenze. E non tanto all’interno dei percorsi formativi in cui si registra un crescente interesse per ambiti tradizionalmente considerati maschili (ad esempio: scuole tecniche, discipline scientifiche) e con risultati spesso di eccellenza, quanto piuttosto nella possibilità, una volta entrate nel mondo del lavoro, di riuscire a ritagliarsi un percorso di crescita professionale necessario ad acquisire le esperienze e le skills - non solo tecnico-scentifiche, ma anche relazionali, manageriali, di leadership - necessarie poi per ricoprire meritevolmente le posizioni apicali.
      I vincoli che disseminano di ostacoli i percorsi di crescita professionale delle donne rimangono, a mio avviso, ancora fortemente culturali e non solo rispetto alla questione femminile. Le famiglie manifestano ancora una troppo rigida divisione dei ruoli di genere. La società e la scuola tendono a dipingere la donna come unico responsabile della cura e della crescita dei figli. Le città organizzano servizi, trasporti, attività di cura e culturali con orari contrari a una reale possibilità di conciliazione tra tempi della vita e tempi del lavoro. Le imprese spesso mantengono un’eccessiva rigidità nell’organizzazione del lavoro e degli orari, e penalizzano e stigmatizzano, in termini di retribuzione e carriera, i part-time o la necessità di trovare un equilibrio tra famiglia e lavoro. I sindacati ancora non hanno studiato soluzioni contrattuali adeguate a regolare lavori che non hanno necessità di una costante e determinata presenza fisica o a costruire percorsi lavorativi che, in modo flessibile, tengano conto delle diverse esigenze delle persone nei differenti momenti della loro vita.
      Si tratta di temi che se affrontati migliorerebbero la qualità della vita di tutti i lavoratori, ma che se non risolti penalizzano in primo luogo le possibilità delle donne di emergere e di acquisire il curriculum per aspirare a ricoprire per merito, e non per obbligo o opportunità, le posizioni dirigenziali o di responsabilità. Diversamente le quote rosa saranno l’ennesimo strumento per non cambiare nulla!
      *Fondazione Nordest

Articolo dal Gazzettino 

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