mercoledì 1 agosto 2012

lettera aperta

Inoltro questo materiale in parte già diffuso, accresciuto di un testo
pubblicato sul Messaggero di venerdì 13 luglio, poichè mi sembra importante
prendere coscienza dell'importanza di questa frammentazione dei servizi e delle
attività sanitarie.



E’ il primo venerdì di luglio quando davanti al timbratore si materializzano i cartoni per gli imballaggi dello sgombero. È tempo di trasferimenti, uno al posto dell’altro, l’altro al posto del primo, genitori da una parte, adozioni dall’altra, fra gli specialisti di un’ala periferica distrettuale. Sarà solo per sei mesi si dice, poi si torna come prima. Oh mein Gott, due traslochi in sei mesi!?. Sei mesi o sei anni è solo questione di tempi, di punti di vista e indubbiamente anche di salassi. Ma che cosa resta della genitorialità, una volta intaccato quel principio che non scinde né separa la maternità biologica da quella adottiva, il bambino naturale dal bambino adottato? Sembrano cavilli in tempi di crisi, eppure separare il Consultorio Familiare dal Servizio Provinciale delle Adozioni è un mutamento che interroga la normativa la quale, negli anni, ha confermato il valore dell’alta integrazione sanitaria e sociale delle due aree di attività.
Rileggendo la Legge sui Consultori, i Piani Regionali e, ancora, mettendo insieme il bambino naturale con il bambino adottato, si colgono due dati essenziali. Il primo è sottolineato dalla pratica di una cura di comunità che tiene unite le fasi della vita attraverso un unico legame di senso.
Il secondo, mette in rilievo come la maternità sia l’esperienza fondamentale che unisce il biologico con l’umano, la natura con la cultura. Se lo specifico della condizione materna è dotare di senso la propria esperienza e donare un pensiero d’amore al bambino in grembo, allora l’adozione è atto insito in questo processo. La vera madre è colei che “adotta” il suo bambino, gli riconosce una propria soggettività, mette al mondo non un frutto carnale ma un essere unico singolare e insostituibile.
Per questo l’adozione non potrà mai essere una specializzazione della maternità ma solo una forma che mette in rilievo il carattere adottivo di ogni maternità. Dividere, distinguere, separare la genitorialità adottiva da quella naturale, crea una contrapposizione fra le fecondità dei corpi e le tipologie dell’amore, fra genitorialità naturale e generatività sociale di cui l’adozione è risorsa e alternativa all’abbandono di un bambino. Così come avviene nelle maternità, anche nei Servizi, soprattutto quando sono di eccellenza come i nostri Consultori o la nostra Psichiatria, si rintraccia quell’inizio creativo che ha donato loro identità e senso di esistere. Esattamente come succede per la nascita e la crescita di un bambino, entrambi: essere umano e Servizi necessitano di un pensiero nutriente.
Il senso poi che un bambino ha per la madre e il senso che egli riceve da lei danno forma al “legame” d’affetto, di cura e di crescita nel cuore della comunità. Se questo “legame” viene intaccato, la generatività rimane orfana del suo “luogo” naturale. Allora, lo spazio affettivo abitato dall’esperienza della nascita (biologica o adottiva) e della cura diventa interscambiabile con il “posto” che, invece, è solo il contenitore fisico.  Separare le Adozioni dal corpo madre, cioè dall’Area Materno Infantile del Consultorio, per collocarle altrove, è assegnare soltanto un punto qualunque in uno spazio indifferente e togliere così il luogo dell’integrazione, delle sinergie, delle relazioni e dei legami di comunità.
Non potranno, allora, che darsi maternità di serie A e maternità di serie B in cui il valore dell’una metterà in risalto il disvalore dell’altra, quest’ultima riposta fra gli specialismi della sanità che curerà un femminile offeso dalla propria incapacità generativa sottolineandone, appunto, l’incapacità riproduttiva.
Se invece si ritiene che il luogo sia fonte di soggettività, l’identità che ne deriva non può essere un posto ma uno spazio generativo. Per questo anche il trasferimento dello storico Centro di Salute Mentale da Via De Paoli che s’insedierà al posto del Consultorio e delle Adozioni Provinciali, mi crea l’amarezza d’assistere alla nuova toponomastica dei Servizi che ridisegna una mappa di legami spezzati.

Lorena Fornasir

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