mercoledì 8 febbraio 2012

a un anno dalla manifestazione del movimento SNOQ con un milione di donne nelle varie piazze d'Italia, proponiamo questa lettera


Care amiche del comitato promotore,
mi chiamo Marina, ho 43 anni e vi scrivo da Ancona, dove vivo con il mio compagno e le mie quattro (splendide) fanciulle.
Il 13 febbraio, per la prima volta in vita mia, sono scesa in piazza. E da allora non mi sono più fermata…..mi sono avvicinata alle donne che avevano organizzato la manifestazione, ho iniziato a partecipare alle riunioni, e nel giro di un paio di mesi il nostro gruppo ha preso forma, abbiamo organizzato molte iniziative, siamo (come voi del resto) donne diverse per età, provenienza, formazione, esperienze di vita e di lotta, ma unite dalla voglia di esserci e dal forte entusiasmo di sentirci parte di qualcosa di grande, di emozionante….
Perché prima del 13 febbraio non avevo mai partecipato a manifestazioni o cortei? Perché ero sempre impegnata a fare altre cose, prima lo studio e la laurea, subito dopo il matrimonio, nascono Eleonora e Vittoria, c’è un brutto periodo di depressione post partum che coincide con la separazione da mio marito, mi tengo insieme in qualche modo perché ci sono loro, le mie piccole che hanno bisogno di me visto che il loro papà è sparito, poi dopo circa un anno conosco il mio attuale compagno, marchigiano, decido di trasferirmi da Bolzano, la mia città, ad Ancona, prendo le mie bimbe e parto, iniziamo una nuova vita, vicino al mare non sento nostalgia delle mie montagne, passano un paio di anni e arrivano prima Chiara e dopo Emma, siamo veramente in tanti, una famiglia così numerosa è impegnativa, qualche volta davvero faticosa, è difficile conciliare lavoro, casa, figlie, vita di coppia, e adesso anche l’attività con il comitato snoq, però si fa, tutto si fa, basta volere e metterci amore….e molta organizzazione!
Sapete, io sono nata nel ’68 e da sempre mi sento dentro un debito di riconoscenza per quelle donne che mentre muovevo i miei primi passi scendevano in strada a reclamare parità e libertà, obiettivi che io crescendo ho dato più o meno per scontati. Avevo circa nove anni quando mia madre mi ha dato da leggere il libro “Dalla parte delle bambine”, sono cresciuta con l’orgoglio di essere donna, con il grandissimo desiderio di diventare madre, con l’intima consapevolezza che la mia forza arrivava direttamente da tutte quelle caratteristiche che spesso vengono considerate i nostri punti deboli, l’empatia, la dolcezza, la sensibilità, la tenacia, l’abnegazione, il coraggio di sacrificarsi per le persone che si amano, l’ostinazione nel voler fare tutto in perenne lotta contro il tempo……
Nella mia vita non mi sono mai sentita meno di un uomo, ma ho avvertito la differenza tra gli uomini e le donne, tra i padri in crisi che spariscono e le madri in crisi che restano, tra i colleghi maschi che fanno carriera e le donne che devono aspettare perché sono incinte e in quel momento non possono ambire a nessuna promozione, tra i mariti che dopo cena si sdraiano sul divano e le mogli che dopo cena restano alzate a stirare o a preparare il pranzo per il giorno dopo, tra le donne che organizzano le loro giornate tra casa, famiglia, lavoro e vita sociale (quando c’è…) con abilità e ritmi da top manager e uomini che organizzano solo se stessi.
Nella mia vita non avevo però mai avvertito il desiderio, o la necessità, di impegnarmi in prima persona per cambiare le cose, la politica mi è sempre sembrata una cosa strana e un po’ pericolosa che altri o altre facevano al posto mio e anche per me. Ho sempre votato a sinistra, questo sì, e ho da subito detestato Berlusconi, osservando nel corso degli anni con crescente incredulità come riusciva a conquistare la fiducia di milioni di italiani.
Di pari passo con l’incredulità è cresciuta anche l’indignazione verso i comportamenti pubblici e privati di quest’uomo, e l’insofferenza totale nel saperlo in luoghi e istituzioni che ben altro valore e statura morale avrebbero richiesto.
Fino a quando, prima con voce muta ma potente dentro di me, e poi finalmente a voce spiegata con un’emozione incredibile e fortissima, ho rotto il silenzio e gridato il mio BASTA.
In piazza.
Il 13 febbraio.
Innanzitutto l’ho gridato per me stessa, serviva a me, donna e madre e lavoratrice e cittadina italiana, per dirmi che non c’era una ragione al mondo che mi obbligasse ancora a tollerare lo scempio che si stava compiendo sotto i miei occhi, ero consapevole che continuando a rimanere in silenzio sarei diventata complice, volevo che le mie figlie potessero guardarmi sapendo che io c’ero quando si cercava di cambiare le cose.
Ed immediatamente dopo ho sentito che eravamo in tante, tantissime a provare le stesse sensazioni, e che la forza di questa moltitudine era immensa, che insieme, per la prima volta dopo anni di nuovo insieme, noi donne potevamo tutto.
Vi devo raccontare ancora una cosa. Io lavoro all’Inps di Ancona, ufficio prestazioni a sostegno del reddito, in pratica il nostro è l’ufficio che paga la disoccupazione, la cassa integrazione, la malattia, la maternità.
La disperazione ci passa sotto gli occhi tutti i giorni.
La crisi da noi arriva allo sportello, con gli occhi pieni di angoscia di donne e uomini, italiani e stranieri, giovani e meno giovani, c’è chi è stato licenziato su due piedi (le operaie di una ditta in provincia di Macerata un paio di mesi fa si sono presentate al lavoro una mattina e hanno trovato i cancelli chiusi….), chi è in cassa integrazione a ottocento euro al mese da oltre due anni con una famiglia da mantenere, ragazze con contratti a tempo determinato che non vengono rinnovati perché sono rimaste incinte, lavoratrici con contratti a tempo indeterminato che ci chiedono il pagamento diretto della maternità perché la ditta non lo anticipa più……
Anche per questo ci tengo a snoq, perché penso davvero che noi donne dobbiamo e possiamo cercare di cambiare tutto un sistema che ha dimostrato di non funzionare più e che, soprattutto, in questo momento ha deciso di sacrificare i più deboli per salvare se stesso.
Questa è la realtà dei fatti, al di là delle belle parole resta il senso di impotenza che mi assale quando qualcuno mi chiede “e io adesso come vado avanti, cosa darò da mangiare ai miei bambini?”, e vorrei poter fare di più, ma posso solo affidarlo nel mio cuore ad un amore più grande del mio, ad un senso di solidarietà sociale e civile che DEVE rinascere nel nostro paese, che PUO’ rinascere nei nostri territori, che noi donne possiamo contribuire a risvegliare, partendo innanzitutto da noi e facendo nostra la politica, facendo una politica diversa.
Perché, come ho letto in un blog, “la solidarietà è un sentimento sociale che deve esprimersi con la socialità dello Stato.”
Forse vi starete chiedendo perché vi scrivo e perché scrivo queste cose.
Vi scrivo perché ci credo.
Perché non vi conosco personalmente ma insieme a voi in questi mesi dal 13 febbraio ho scoperto in me una nuova capacità che non sapevo di avere e che è quella di combattere non solo in privato ma anche in pubblico per le mie idee e i miei valori, perché snoq ha dimostrato di riuscire a catalizzare e canalizzare energie potenti e positive, perché secondo me snoq può davvero far sì che le donne italiane diventino una massa critica in grado di condizionare la politica.
Presto detto: nelle ultime settimane, negli ultimi due mesi, snoq è stato percorso da inquietudini interne ed esterne che, credo, nessuno nega. Dopo Siena (io c’ero e sono stata due giorni seduta ad ascoltare, è stato bellissimo) tutte noi ci aspettavamo una “rapida” evoluzione del movimento, la costruzione della rete che era stata prospettata sembrava dovesse essere imminente.
Invece in qualche modo le cose si sono diluite, i tempi allungati, le aspettative rarefatte, i rapporti tra centro e periferia, tra comitato promotore e comitati territoriali continuano ad essere nebulosi nonostante la richiesta che arriva da più parti di darci delle regole di condivisione democratica delle decisioni.
Non solo, resta disattesa anche la questione che riguarda il rapporto tra snoq e le altre realtà femminili, che a Siena erano presenti e che speravano che “fare rete” significasse fare rete tutte insieme, snoq come massimo comune denominatore, come collante di quell’associazionismo delle donne italiane ricchissimo di contenuti ma spesso penalizzato dall’esistenza di precise linee di confine, ideologiche e territoriali ma non solo, che negli ultimi decenni hanno prodotto una frammentazione e quindi debolezza diffusa del movimento femminista e femminile anche a dispetto di competenze ed eccellenze personali riconosciute.
Ormai si è capito chiaramente che questa non è la vostra idea di snoq, a cui volete riconoscere una peculiare fisionomia e autonomia di pensiero e azione e non la qualità di mero contenitore di tante voci diverse.
Perché non pensare invece che snoq possa essere l’uno e l’altro?
Perché non osare e andare oltre le forme convenzionali?
Perché non reinventare anche il modo di stare insieme delle donne?
Perché non assumersi questa grande responsabilità e diventare un punto di riferimento davvero trasversale?
Trasversalità non solo politica, ma anche e soprattutto culturale e sociale….
Non so dire per quale speciale alchimia è successo, ma il movimento che ha preso il via il 13 febbraio con il nome di SNOQ è entrato da subito nell’immaginario collettivo in modo prepotente e con grande visibilità.
C’è sicuramente il grande merito di chi ha dato il via a questa onda, ci sono di sicuro un grande impegno e tanto lavoro dietro a questo successo, e proprio per questo secondo me c’è anche la responsabilità di dover almeno provare ad essere sia movimento con proprie specificità sia soggetto protagonista nella realizzazione di una “casa delle donne” ideale e aperta ai contributi di tutte quelle realtà che vorranno farne parte.
Per segnare davvero il punto di svolta nella società e nella politica italiana.
Credo che in questo momento discutere tutte insieme questi due punti sia fondamentale affinchè snoq possa proseguire con chiarezza di intenti la sua strada.
Io sono una come tante, non ho, se escludiamo gli ultimi emozionanti mesi, nessuna esperienza di attività politica, ma la mia vita di mamma e il mio lavoro con il pubblico mi hanno insegnato che gli aspetti più importanti di tutte le relazioni sono la disponibilità al confronto e la capacità di aprire e tenere aperto un canale di comunicazione con l’interlocutore.
Per questo vi chiedo, vediamoci, incontriamoci, centro e periferia, snoq e non snoq, discutiamo delle difficoltà e delle prospettive, delle possibilità e degli ostacoli, dei nostri sogni e dei nostri problemi, parliamo, litighiamo magari, riflettiamo sulle reciproche posizioni, guardiamoci negli occhi e diamoci la possibilità di conoscerci e di trovare insieme una visione davvero comune e condivisa di come vorremmo che diventasse la vita delle donne italiane, ma non solo delle donne.
Tutte insieme possiamo far diventare la nostra visione una realtà.
Mi rendo conto di aver scritto troppo, e vi ringrazio se siete arrivate a leggere fin qui.
L’augurio che per concludere voglio fare a tutte noi per questo 2012 che è appena iniziato è di trovare coraggio, forza e unità per dare forma e sostanza a tutti i nostri sogni!
A presto
Marina

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